di Maurizio Ceccaioni
Per chi mi conosce un po’, sa quanto sia alto in me il sentimento per una viabilità “umana”, anche con la realizzazione di percorsi protetti per pedoni e ciclisti, come l’adozione di attraversamenti rialzati o limiti di velocità anche più restrittivi in determinate aree della città e in particolare del III Municipio di Roma Capitale.

Recentemente, durante una passeggiata, ho fatto una nuova scoperta che, se da una parte mi ha fatto piacere, dall’altra mi ha lasciato un po’ perplesso.

Si tratta della nuova pista ciclabile di circa 130 metri lungo via Nomentana vecchia, che arriva fino a Ponte Nomentano e all’ingresso del Parco dell’Aniene. Devo dire molto ben fatta e nel rispetto dei limiti massimi imposti dalla legge, a cominciare dalla larghezza di 250 cm e il cordolo di polimeri che separa la corsia per le auto. Però mi è sorto subito un dubbio sulla logica di progettazione. Ad esempio, un amante della bicicletta proveniente dalla ciclabile su via Nomentana, vedendo il nuovo tratto potrebbe ritenere che passando sulla pista starebbe al sicuro prima di inoltrarsi nel traffico di Monte Sacro. E invece no, perché quel “mozzicone” di ciclovia, invece di arrivare almeno fino all’intersezione con via Maiella e viale Gottardo (130 metri), termina in modo un po’ indecoroso a ridosso delle auto parcheggiate e della recinzione di sicurezza lungo la strada. Costringendo in tal modo gli eventuali ciclisti ad andare contromano oppure a fare tutto il giro da via Monte Sacro, percorrendo su strada comune oltre 500 metri per arrivare poi allo stesso posto. Una logica difficile da capire per il cittadino comune.

Nuova ciclabile verso Ponte Nomentano senza nessun cartello stradale

Un problema che è emerso subito dopo la realizzazione dell’opera è dato dall’entrata e uscita da quel piccolo tratto stradale chiuso al Ponte con catene, che anche prima non metteva a rischio il transito di pedoni e biciclette, anche perché sul lato destro c’è un marciapiede di circa due metri di larghezza. Infatti, prima si poteva parcheggiare su ambo i lati, con la possibilità di fare manovra per tornare indietro. In tal modo – come mi ha confessato una signora incontrata lì – era più facile per i fruitori del Parco portare i loro cani, che notoriamente, nella maggior parte dei casi non possono essere trasportati in bicicletta.

La fine della nuova ciclabile verso Ponte Nomentano senza nessun cartello stradale

Oggi quel suddetto tratto è diventato un cul de sac, dove l’ignaro automobilista entrato non ha poi la possibilità di fare manovra per uscire, a meno di essere molto pratico nella guida a retromarcia. In buona sostanza stiamo parlando di una strada con carreggiata totale di circa 5 metri per cui, tra le auto parcheggiate a raso sul lato sinistro e la ciclabile, rimangono poco meno di due metri per fare poi marcia indietro e uscire (per chi ci riesce) da quella sgradevole situazione una volta entrati. Quello che mi sono subito chiesto vedendo l’impaccio di due automobilisti bloccati (uno in entrata e uno in uscita) è il perché non sia stato messo nessun segnale di “strada senza uscita” e un “divieto di transito alle auto” poco prima dell’intersezione con via Monte Sacro, avvisando quindi gli automobilisti della situazione.
Una riflessione che mi ha fatto tornare indietro nel tempo, quando “Tra il dire e il fare – come recita il proverbio – c’è sempre il mare”. Un esempio è la convenzione del Comune con il consorzio Porta di Roma (poi Parco delle Sabine), in cui tra le opere per tra gli oneri a scomputo era previsto collegamento ciclabile fino alla Riserva della Marcigliana passando sotto il Gra: mai realizzato. Oppure la ciclabile lungo via di Tor San Giovanni di cui è rimasto solo un abbozzo, interrotta da un chiosco di giornali (ormai in disuso) messo proprio nel mezzo a Cinquina. Come di non secondaria importanza è la questione della ciclabile lungo via di Casal boccone, circa due chilometri che costeggiano su un lato il nuovo parco Talenti. Parte da via della Bufalotta dopo il distributore Q8, ma invece di rispettare le normative vigenti in materia, dopo la costruzione del muro di cinta in cemento armato realizzato dal circolo sportivo Maximo, la carreggiata è stata ridotta di molto (circa un metro) per un bel tratto.

Per chi non ne fosse edotto, quello del Maximo è uno dei numerosi “Punti verdi qualità” dati in concessione ai privati dal Comune di Roma Capitale secondo un programma di riqualificazione ambientale partito nel 1995. Si trattava dell’affidamenti diretto per 33 anni di circa 500 ettari di verde pubblico, che nelle intenzioni avrebbero dovuto portare benefici alla popolazione, ma che in generale hanno portato valore aggiunto solo agli assegnatari. Ma la situazione più paradossale la vidi in via Adolfo Celi (Parco delle Sabine) davanti alla Scuola Materna Comunale Puntoeacapo, dove fino a non molto tempo si poteva vedere proprio nel mezzo della ciclabile una coppia di pali in legno del telefono.

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