Neppure il periodo della pandemia ha segnato il giro d’affari delle agromafie che si sono subito riprese dopo il Covid e oggi fanno segnare un giro d’affari pari a 25 miliardi in tutta Italia, un raddoppio rispetto a dieci anni fa. Solo considerando il territorio romano e laziale, secondo una stima di Coldiretti Lazio, il business delle agromafie è di 1,3 miliardi con una decisa crescita dell’usura da parte di organizzazioni criminali che sfruttano le difficoltà economiche di chi lavora nel settore agricolo e agroalimentare in genere. In più, proviene dal Sud oltre il 12 per cento delle segnalazioni di infiltrazioni mafiose nel settore agroalimentare.

Inequivocabile il dato evidenziato dall’ottavo Rapporto Agromafie di Coldiretti, Eurispes e Fondazione Osservatorio agromafie presentato a Roma il 20 maggio 2025, al Centro Congressi di Palazzo Rospigliosi.

Numeri incredibili e potere praticamente irrefrenabile tanto che questo settore delle mafie ha esteso la sua sfera d’azione, dal caporalato oggi transazionale con il remunerativo trucco delle “imprese senza terra”, alla falsificazione e sofisticazione dei prodotti alimentari falsificando anche certificazioni bio, fino all’usura, al furto e al cybercrime, il controllo della logistica, l’appropriazione di terreni agricoli e imbrogliare le carte per pescare dai fondi pubblici.

L’Agroalimentare non poteva che essere un importante obiettivo delle mafie visto che conta su un export da circa 70 miliardi e su 620 miliardi di euro in valore su tutta la filiera allargata.

Fra le figure alla presentazione, Ettore Prandini e Vincenzo Gesmundo rispettivamente presidente e segretario generale di Coldiretti, Alberto Mattiacci, professore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese alla Sapienza Università di Roma nonché presidente Comitato Scientifico Eurispes. Poi, Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Paolo Sisto, viceministro della Giustizia, Roberto Gualtieri, sindaco di Roma, Giovanni Melillo, Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Chiara Colosimo, presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, Jacopo Morrone, presidente della Commissione bicamerale d’inchiesta sugli illeciti nel ciclo dei rifiuti e su altri illeciti ambientali e agroalimentari.

Incredibile, ma purtroppo vero, l’organizzazione e l’articolazione delle agromafie ha fra i suoi perni lo sfruttamento del lavoro nel settore alimentare-agricolo. Le mafie danno vita a organizzazioni transnazionali tra Italia e nazioni extra-europee e lo fanno come agenzie informali di intermediazione (illecita) della manodopera agricola.
Le ultime indagini hanno evidenziato come queste reti, sfruttando anche i decreti flussi, siano capaci di organizzare l’arrivo di lavoratori dal subcontinente indiano, in primis quindi India e Bangladesh, facendosi pagare moltissimo.
Quando questi potenziali lavoratori si trovano in Italia, inizia il loro sfruttamento, naturalmente senza alcuna tutela o prossima allo zero.

Centro principale di questo meccanismo orribile è quello delle “imprese senza terra”, aziende che vengono messe su con forma giuridica di cooperative, una sorta di agenzie di intermediazione della manodopera: con il loro pacchetto di lavoratori offrono alle aziende agricole il loro servizio come fornitrici di uomini/donne da utilizzare in più modi, soprattutto stagionali, garantendo loro retribuzioni ben più basse rispetto alla norma e rispetto ai contratti nazionali o provinciali, -40 % inferiori… ma le aziende agricole non lo sanno perché pagano le cosiddette imprese di intermediazione per dare stipendi pieni ai lavoratori. Le cooperative mafiose guadagnando quindi su due fronti, facendosi pagare il servizio di fornitura lavoro e consegnando meno soldi ai lavoratori.

Poi c’è la ricca torta dei fondi pubblici, dei mercati e degli appalti. Qui le agromafie utilizzano professionisti compiacenti e comprati-corrotti per redigere documentazioni false.

Il tutto facilitato dalla grande liquidità che le mafie posseggono cosa che a loro permette di essere attive ed efficaci anche nel credito illegale, ma pure nell’acquisizione facile di aziende in crisi, imprese che, una volta prese, saranno utili nel riciclaggio di proventi illeciti.

“La crisi internazionale e i cambiamenti climatici stanno mettendo in crisi la filiera agroalimentare, che appare sbilanciata a favore della distribuzione e penalizza i produttori – ha rimarcato Giovanni Maria Fara, presidente di Eurispes – Molte aziende agricole, pur operando nel contesto del successo del Made in Italy, faticano a sostenere l’aumento dei costi, la riduzione delle rese, i prezzi imposti dalla Grande distribuzione organizzata e la difficoltà di accesso al credito. Le mafie offrono prestiti usurari o acquistano aziende agricole in difficoltà seguendo un modello simile al ‘land grabbing’. Questa nuova strategia punta direttamente alla terra e alla produzione primaria, ampliando il controllo lungo tutta la filiera: dalla produzione ai fondi pubblici, fino alla manodopera sfruttata”.

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I settori più infiltrati dalle agromafie?

Quelli più remunerativi vengono per primi, quindi, ristorazione, mercati ortofrutticoli e grande distribuzione.

“Per Coldiretti la filiera agroalimentare parte dal lavoratore agricolo e arriva al consumatore: difenderla dalle mafie significa anche garantire il giusto prezzo lungo tutto il percorso – ha sottolineato Vincenzo Gesmundo, segretario generale di Coldiretti – Se i consumatori comprano prodotti a prezzi stracciati, e se settori deviati della Grande distribuzione organizzata o dell’industria acquistano e vendono sottocosto, quel sottocosto qualcuno lo paga, e sono quasi sempre gli agricoltori e i lavoratori agricoli. Erano dieci anni che aspettavamo l’approvazione della proposta di legge elaborata dal procuratore Caselli che ancora nessuno aveva avuto il coraggio di fare e che invece l’attuale Governo ha avuto la determinazione politica di concretizzare potenziando per la prima volta gli strumenti a disposizione delle forze dell’ordine e della magistratura contro la criminalità dell’agroalimentare. Chiediamo ora che il Parlamento proceda a una rapida approvazione definitiva superando le resistenze trasversali che arrivano da pezzi della grande industria in mano alle multinazionali e da segmenti della GDO”.

Ecco quindi che le agromafie di occupano delle frodi alimentari utilizzando prodotti adulterati o senza etichetta, articoli alimentari spesso venduti nei discount. Naturalmente, fra questi prodotti cominciano e vanno avanti con quelli a più larga diffusione, che possano fare cassa, quindi vino, olio, mangimi e riso, materie prime ed elaborati dalle materie prime partendo da lavorazioni nelle quali vengono utilizzati agrofarmaci vietati e false certificazioni bio, molte da importazioni dell’Est Europa.

Le truffe riguardano largamente il cosiddetto Italian Sounding che regala forti introiti in Italia, all’estero e le frodi sul packaging.

Di Giuseppe Grifeo

Giornalista professionista, nato e maturato terrone, avi terroni, vivente e scrivente... Passione per l'astronomia, l'egittologia, la storia, quella antica e medievale in particolare, le leggende, l'enogastronomia e la mia Sicilia. Nato per curiosare, indagare, ficcare il naso, ma con discrezione, elegantemente

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